
Cosa dice la legge in merito alle pause che interrompono il lavoro
Pausa caffè
È un momento irrinunciabile per molti lavoratori, per staccare e poter ricaricare le energie. La pausa caffè è un appuntamento irrinunciabile della giornata lavorativa. Una ricerca realizzata da Accenture per Nespresso afferma che il 70% dei lavoratori beve due caffè al giorno durante l’orario di lavoro. A riprova di quanto detto sopra, la sentenza n. 4509/12 della Corte di Cassazione ha sottolineato che l’intervallo per il caffè permette di riacquistare la concentrazione necessaria, favorendo una migliore esecuzione dell’attività.
D.Lgs. n°66/2003
Il Dlgs. n. 66/2003 afferma che la contrattazione collettiva debba stabilire modalità e durata delle pause giornaliere (di solito, la classica pausa pranzo) se l’orario giornaliero è superiore a 6 ore; altrimenti, in assenza di previsione contrattuale, al lavoratore dovrà sempre essere concessa una pausa tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro di durata non inferiore a 10 minuti. Tale pausa andrà fruita consecutivamente. Se però si prevede una pausa di lavoro maggiore di 10 minuti, il datore di lavoro ha la facoltà di far fruire in un primo momento i 10 minuti consecutivi di pausa ed in un secondo momento gli altri. Il datore di lavoro potrebbe stabilire quando collocarla, oppure la collocazione temporale potrebbe essere a discrezione del dipendente, anche per ribadire il rapporto fiduciario nei confronti del lavoratore. La pausa può essere svolta sia fuori dall’ufficio, sia restando in ufficio, purché nel frattempo non venga richiesta alcuna prestazione lavorativa. Dalla pausa sono esclusi i dirigenti, poiché hanno autonomia nell’organizzazione dei tempi di lavoro. La pausa pranzo può essere sostituita da una indennità? Partendo dall’affermazione che questa pausa non è retribuita, non è pensabile che il datore di lavoro la monetizzi, sostituendo il suo godimento con un’indennità in denaro: in questo modo, si andrebbe a pregiudicare la finalità dell’interruzione, perché non si consentirebbe al dipendente il recupero psico-fisico.
Pausa per chi lavora al pc
Il dipendente dello studio di amministrazione che lavora alla scrivania con gli occhi puntati sul monitor, ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale, come da D. Lgs. n. 81/2008. Questa pausa potrebbe essere rappresentata dalla suddetta “pausa caffè” oppure può essere rappresentata da un cambiamento di attività, visto che la necessità di interruzione deriva dal bisogno di riposare la vista e modificare la postura (Corte di Cassazione 2679/2015). La pausa da videoterminale è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario di lavoro. È da escludere la cumulabilità delle interruzioni all’inizio ed al termine dell’orario di lavoro: queste andranno frazionate, proprio per garantire che il dipendente non affatichi troppo la vista e il fisico; inoltre, nel computo dei tempi di interruzione non vanno compresi i momenti di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati momenti di lavoro davanti al monitor. Per i lavoratori che lavorano davanti al monitor in modo sistematico o abituale per 20 ore settimanali senza contare le interruzioni e le pause giornaliere è previsto anche l’obbligo di sorveglianza sanitaria.
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